Corridoi umanitari

Ruta Gebresilase Gebru, 23 anni, asmarina, cresce senza padre, la madre vende carbone per le strade. Viene destinata all’addestramento militare subisce continue punizioni, fino all’incarcerazione. Riesce a fuggire ea riparare in Etiopia dove trova i corridoi umanitari.

Robel Tesfay Woldemichael, 27 anni, della cittadina di Adi Key tenta di farsi bocciare più volte a scuola per ritardare l’arruolamento nell’esercito. A 17 anni l’esercito cerca di vincolarlo a vita ma riesce a fuggire e attraversa il confine con l’Etiopia dopo anni difficili finisce in una colonna di sfollati ad Addis Abeba si nasconde in un camion raggiungendo la capitale per unirsi ai corridoi umanitari.

Sono una delle tante storie di chi decide di lasciare il proprio paese con l’aiuto dei corridoi umanitari. Nel 2019, l’UNCR ha vinto il Premio Nansen per i Rifugiati con la motivazione di aver assicurato “una vita sicura per le persone costrette a fuggire da guerre e persecuzioni, una delle poche alternative ai pericolosi viaggi in mare”.

I corridoi umanitari sono stati ideati dalla Comunità di Sant’Egidio e resi operativi insieme alla Tavola Valdese, la Federazione delle Chiese evangeliche e la Conferenza Episcopale Italiana a partire dal 2016.

Nel volume di Roberto Morozzo della Rocca, professore ordinario di Storia contemporanea, Roma Tre è l’autore del saggio u edizioni San Paolo, oltre ad illustrare le origini dei corridoi e il perché della loro nascita,  sono riportare tante storie che hanno avuto non solo un fine positivo ma fatte anche di tanta solidarietà, mettendo in luce l’importanza e la sicurezza dei corridoi umanitari.

Per essere inclusi nei corridoi umanitari la condizione principale è avere l’attributo di soggetti vulnerabili definita da un insieme di condizioni della persona. Un compito assolto dalle missioni operative delle organizzazioni cristiane promotrici dei corridoi, a Beirut, come ad Addib Abeba due città che sono a capo di due macroregioni continentali turbolente diventate grossi snodi di flusso e stanzionamento di profughi di diversa provenienza.

Un libro che tratta un argomento che spesso tiene banco in Italia e in Europa. L’autore spezza una lancia in favore dei corridoi che rappresentano speranza per quanti lottano per la sopravvivenza in luoghi in cui la vita non ha alcun valore.

Non devono essere considerati un lasciapassare per tutti, ma sono un mezzo a cui possono rivolgersi le persone bisognose di protezione ma poiché le limitazioni e la povertà sono valori prevalenti tra profughi e migranti i corridoi hanno un significato universale.

I corridoi umanitari hanno la capacità di integrare le persone nelle comunità che li accolgono e li accompagnano nel loro cammino di inserimento togliendoli dal pericolo di accettare

per disperazione un viaggio in mare per raggiungere la libertà tanto desiderata. (Do.Sa.)

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